Il Risveglio del #MeToo nell’Industria Musicale
Il caso Puff Daddy prende una piega sempre più inquietante, trasformandosi nel #MeToo dell’industria musicale. Già a settembre il New York Times l’aveva previsto, ma ciò che si sta rivelando in questi giorni supera ogni aspettativa. Dopo l’arresto del rapper a Manhattan lo scorso 17 settembre con l’accusa di «tratta di esseri umani a scopo sessuale», nuove denunce hanno iniziato a fioccare come neve in inverno.
Accuse Terrificanti: La Voce di Jane Doe
Una delle sei denunce recenti proviene da una trentasettenne di nome Jane Doe, la quale sostiene di essere stata abusata all’età di soli tredici anni. Secondo la querela, il drammatico evento avrebbe avuto luogo durante uno dei celebri “White Party” organizzati da Puff Daddy nel 2000. Un momento da brividi, in cui Jane, dopo un drink, si sarebbe sentita stordita e si sarebbe ritirata in una camera.
La notte del 7 settembre, il rapper, accompagnato da due celebrità ancora anonime, sarebbe entrato nella stanza dove la giovane si trovava. La denuncia racconta di una serie di aggressioni, con Jane che si è poi ritrovata a fuggire sotto shock dalla lussuosa tenuta di East Hamptons.
Il Muro del Silenzio Inizia a Crollare
L’avvocato Tony Buzbee, che sta rappresentando le vittime, ha affermato che il muro del silenzio che ha avvolto l’industria dell’intrattenimento è finalmente «rotto». In un’intervista, ha dichiarato: «Presto faremo nomi che vi sconvolgeranno», suscitando immediate preoccupazioni a Hollywood e oltre. I legali di Puff Daddy, per ora, continuano a negare ogni accusa, ma mentre le indagini si intensificano, il rapper si trova ora in un carcere di massima sicurezza a Brooklyn, sotto stretta sorveglianza in seguito a timori di suicidio.
Il mondo delle celebrity trema, e con esso le coscienze di chi ha chiuso gli occhi su questi abusi per troppo tempo. La celebre frase «la verità verrà a galla» non è mai stata così attuale.